Blog del : 05/05/2012
Scritto da: Professoressa Antonella Laurenti
In un momento così critico della scuola italiana, in cui regna confusione, appiattimento e tanta noia, vale la pena aprire una finestra sull’importanza della funzione docente non soltanto dal punto di vista didattico, ma da quello educativo nel senso etimologico della parola. Educare, infatti, significa non solo trasmettere gli strumenti necessari per l’apprendimento della disciplina insegnata, ma testimoniare con l’esempio i veri valori umani
In questo modo l’educazione comprende sia la pura nozione sia la trasposizione del messaggio ricevuto nella vita di ognuno di noi. Che cosa sarebbe stato Cesare senza il suo concetto di democrazia ancora per certi versi attuale o Pascoli se la sua poetica, legata all’importanza della famiglia, non avesse influenzato migliaia di giovani o addirittura Abramo, se non fosse possibile riportare il suo viaggio verso la terra promessa nel vissuto quotidiano di ognuno di noi come capacità di migliorarsi? Nomi, solo sterili nomi da dimenticare! Potrei continuare ancora ma gli esempi mi sembrano sufficienti per affermare che la scuola deve essere, ed è, maestra di vita, a dispetto di tutte le “pseudo riforme” di questi ultimi anni.
All’inizio le difficoltà sono gravose per l’insegnate, perché è come prospettare un “mondo alla rovescia”, in cui il vincitore della nostra società è vinto, mentre il vinto, è vincitore: ma se si riesce a “trapassare” la corazza dei talk show televisivi, dei libri spazzatura, di facebook e dei falsi valori in genere, si comincia a formare nel gruppo classe un “piccolo mondo”, in cui malizia, furberia e violenza riprendono il loro effettivo negativo significato, non più “truccati” come acquisti vantaggiosi, ma resi autentici come vera merce di scarto.
La maggior parte degli studenti inizia allora a capire come la droga, il sei politico, la liberalizzazione del sesso o i vestiti firmati ingabbino l’uomo e lo costringano a percorrere una strada “innaturale” ossia quella della “schiavitù”. Cominciamo a cercare, sempre con più vivo interesse, l’altra faccia della medaglia, quella “naturale”, ossia della libertà. Ecco, allora che in questa prospettiva acquista il giusto valore un’equa valutazione, una bocciatura, un rimprovero o un insuccesso, perché spiegati dall’insegnante e capiti dall’alunno,che, abituato a “leggersi dentro” e a fare un lavoro di autoanalisi, riconosce di avere meritato quanto ottenuto. Sono solo alcuni gli esempi riportati, ma credo esaustivi a dimostrare che, chi vive la scuola come una missione, e siamo in tanti, formerà giovani che contrasteranno i banali luoghi comini sulla situazione incresciosa della scuola italiana. Infatti finchè ci saranno menti di questo tipo, il non avere banchi o fondi necessari per strutturare meglio gli edifici non intaccherà in minima parte il “desiderio di fare”dei docenti, reso ancora più attivo dalla precarietà, come mezzo per crescere e migliorarsi giorno per giorno.
Vale la pena concludere con il pensiero di un filosofo che ha fatto dell’educazione il fulcro di tutta la sua ricerca: Rousseau. Egli nell’”Emilio” ritiene che solo la cultura, intesa nel binomio di conoscenza e educazione, riesce a far percorrere all’uomo la vera strade della libertà ossia di non assoggettamento alle ingiuste e spietate regole della società.
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